Stipsi (stitichezza)
Patologia
La stitichezza o stipsi viene comunemente definita come un’alterazione dell’alvo caratterizzata dalla emissione infrequente, difficoltosa ed apparentemente incompleta di feci di consistenza aumentata.
Normalmente nella maggioranza delle persone adulte e sane, la defecazione avviene in media una volta ogni 24 ore e provoca una espulsione di circa 150 grammi di feci (considerata la media europea e nord-americana).
Variazioni di questo ritmo sono comunque molto frequenti e non per questo assumono carattere patologico.
Pertanto definendo la stipsi come un ritardo nella evacuazione, dobbiamo considerare i limiti di tale valutazione in maniera piuttosto elastica.
La stipsi è un disturbo di frequente riscontro nella pratica clinica e rappresenta un motivo di grande disagio per il paziente che, oltre allo sforzo che deve compiere per l’eliminazione di feci dure, è soggetto a fastidiose patologie anali direttamente conseguenziali alla stitichezza.
Un’esatta stima del fenomeno della stipsi non è disponibile.
La rilevanza clinica e l’elevato costo sociale di questa patologia, sovente autodiagnosticata e automedicata, hanno indotto numerosi studiosi a porsi come obiettivo l’individuazione di criteri idonei per formulare una esatta definizione di stipsi.
La stipsi viene distinta da un punto di vista temporale in stipsi acuta e cronica.
La stipsi acuta si distingue da quella cronica (che ha durata maggiore di 6 mesi) per la transitorietà del disturbo che può conseguire a diverse cause (ad esempio: interventi chirurgici, malattie acute, o semplicemente si può manifestare dopo un viaggio). In genere, superata la fase “critica”, la stipsi si risolve in breve tempo.
La stipsi cronica è una condizione patologica che, ogni giorno, affligge milioni di persone.
La stima esatta del fenomeno è difficile da quantificare.
Per il raggiungimento di tale obiettivo è stato necessario considerare esclusivamente i casi di stipsi cronica e di natura funzionale.
Prendendo in considerazione criteri oggettivi e sintomatologia soggettiva accusata dal paziente sono stati stabiliti alcuni criteri che definiscono lo stato di stipsi cronica:
- Il numero delle evacuazioni deve essere inferiore a due a settimana;
- L’evacuazione deve essere difficoltosa almeno una volta su quattro;
- La consistenza delle feci deve essere aumentata o dura o avere una forma “caprina”;
- Si deve avere la sensazione di uno svuotamento incompleto almeno una volta su quattro.
Almeno due di questi sintomi riportati devono essere presenti da dodici mesi, senza uso di lassativi.
Prendendo in considerazione i criteri sopra esposti, il sintomo stitichezza è stato riscontrato nel 20% della popolazione occidentale, con le donne che sono risultate maggiormente colpite rispetto agli uomini.
In età pediatrica si presenta con una frequenza del 3% e rappresenta il 25% di tutte le consultazioni gastroenterologiche pediatriche.
L’incidenza tende ad aumentare con l’età fino a valori variabili dal 20 al 40% dopo i 65 anni.
Cause della stipsi
Da un punto di vista fisiopatologico alla base della stitichezza cronica possono esservi due meccanismi principali: un rallentamento del tempo di passaggio del contenuto fecale (stipsi colica) attraverso un intestino che si contrae meno o male, e un difetto nella capacità di coordinare la forza esercitata con i muscoli dell’addome con il rilasciamento dei muscoli a livello dell’ano (stipsi rettale o outlet-obstruction), un difetto che finisce per ostacolare l’espulsione delle feci.
Le dinamiche funzionali del pavimento pelvico possono essere classificate in sensoriali e motorie: nel primo caso vi è un’alterata identificazione dello stimolo; nel secondo una compromessa dinamica defecatoria dovuta a cause congenite od acquisite.
Le forme acquisite possono essere a loro volta classificate in una forma spastica ed una forma flaccida, potendosi avere anche forme miste.
Nel primo caso si ha una contrazione del pubo-rettale o della struttura muscolare del pavimento pelvico.
Tale forma di stipsi ha eguale frequenza tra gli uomini e le donne.
Nel caso della stipsi flaccida, essa è dovuta ad un deficit delle strutture neuro-aponevrotiche e muscolari del pavimento pelvico.
Ciò accade molto più frequentemente nella donna con un rapporto di 4:1 rispetto agli uomini.
È innanzitutto importante comprendere quale sia la forma di stitichezza di cui si soffre perché la terapia è diversa nell’uno e nell’altro caso. Se il problema risiede in un tempo rallentato di passaggio del contenuto fecale si ricorrerà a terapia farmacologica (lassativi, enterocinetici o secretagoghi per accelerare il transito) e ad accorgimenti alimentari, mentre nel secondo caso occorre la riabilitazione fisica dei muscoli deputati alla defecazione.
Dal punto di vista clinico e diagnostico la stipsi va distinta in una forma idiopatica o primitiva e in forme secondarie.
La stipsi può essere secondaria a patologie endocrine (ormonali), neurologiche, intestinali o può essere iatrogena (indotta da farmaci o altre terapie).
Il riconoscimento di una o più di queste cause porterebbe alla correzione del primum movens organico, e quindi alla risoluzione della stipsi.
Le forme primitive di stipsi sono: la semplice, da sindrome del colon irritabile, da inerzia del colon, la stipsi rettale.
La stipsi semplice, la forma più diffusa, è legata ad una dieta povera di scorie, ad una vita sedentaria e, talora, ad una abitudine a trattenere le feci.
Una forma simile si riscontra in quei pazienti che si sottopongono a diete dimagranti od affetti da anoressia nervosa.
Altra forma primaria estremamente frequente è quella associata a colon irritabile, caratterizzata oltre che dalle alterazioni dell’alvo anche da dolore addominale, alterata motilità del colon, ansia e depressione.
L’inertia coli è una forma di stipsi cronica che colpisce prevalentemente le donne; è caratterizzata da un intervallo tra due evacuazioni di 7-8 giorni ed un volume delle feci aumentato rispetto alla norma.
L’esatta patogenesi di questa forma non è nota, ma si ipotizza un’alterazione ormonale.
La stipsi da ostruita defecazione o da mancato rilasciamento del muscolo pubo-rettale comporta la mancata apertura di ciò che radiologicamente si configura come angolo rettale, cioè il persistere della chiusura del meccanismo a valvola che garantisce la continenza fecale.
Oltre alla classificazione eziopatogenetica si può considerare l’aspetto fisiopatologico della stipsi.
In base a questi rilievi si può classificare la stipsi in:
- Stipsi colica (deficit di progressione del contenuto intestinale);
- Stipsi rettale (deficit di espulsione del contenuto intestinale).
La stipsi colica è rappresentata da una diffusa alterazione motoria del colon con associato un aumento dei tempi di transito, oppure da un ostacolo funzionale dovuto ad una iperattività segmentante del colon.
La stipsi rettale (outlet-obstruction), è definita come da un’alterazione motoria localizzata ai tratti distali del colon.
Le dinamiche funzionali del pavimento pelvico possono essere classificate in sensoriali e motorie: nel primo caso vi è un’alterata identificazione dello stimolo; nel secondo una compromessa dinamica defecatoria dovuta a cause congenite od acquisite.
Le forme acquisite possono essere a loro volta classificate in una forma spastica ed una forma flaccida, potendosi avere anche forme miste.
Nel primo caso si ha una contrazione del pubo-rettale o della struttura muscolare del pavimento pelvico.
Tale forma di stipsi ha eguale frequenza tra gli uomini e le donne.
Nel caso della stipsi flaccida, essa è dovuta ad un deficit delle strutture neuro-aponevrotiche e muscolari del pavimento pelvico.
Ciò accade molto più frequentemente nella donna con un rapporto di 4:1 rispetto agli uomini.
Pertanto è più appropriato definire tali patologie non come defecazione.
Le conoscenze recenti in tema di flora batterica intestinale hanno portato ad ipotizzare un altro meccanismo che contribuisce alla stipsi. Le feci non sono composte dallo scarto di quel che abbiamo mangiato, ma sono costituite per la gran parte da batteri vivi: l’evacuazione intestinale, contrariamente alla minzione, che è necessaria per eliminare all’esterno prodotti chimici che altrimenti sarebbero dannosi e tossici per il nostro organismo, non è altro che il meccanismo necessario, ma non sufficiente, per mantenere in equilibrio la flora batterica che alberga e si sviluppa nel nostro intestino come risultato di un vero e proprio processo produttivo, di un “bioreattore anaerobico” contenuto nel tubo digerente, in particolare nel colon. Il colon umano è l’ecosistema con la più alta concentrazione di batteri esistente sul pianeta Terra: parliamo di un chilo e mezzo di microrganismi, cioè centomila miliardi di cellule, a fronte dei 10.000 miliardi di cellule eucariotiche che costituiscono l’organismo umano. Quasi 1000 tipi di specie batteriche, con più di 7000 ceppi, sono state individuate e definiscono il MICROBIOTA INTESTINALE (MI), ma molte sono ancora “sconosciute”. Sono sempre più numerose le evidenze che la motilità del colon venga influenzata dalla composizione del MI: i fenomeni di accoppiamento neuro-meccanico che presiedono alla peristalsi del colon si modificano in presenza di alterazioni della composizione del MI. La stipsi può essere la conseguenza di alterate produzioni di sostanze che avvengono nel lume intestinale ad opera di DISBIOSI profonde del suo ecosistema: un contenuto fecale squilibrato, povero, causa discinesie motorie in senso sia stitico che diarroico.
Sintomi della stipsi
La sintomatologia legata alla stitichezza, benché presenti aspetti comuni tra i pazienti, non è costante.
La maggior parte dei pazienti riferisce: alito fetido, lingua patinosa, turbe dell’appetito, flatulenza, nausea, diminuito potere dell’attenzione, depressione irrequietezza, cefalea, insonnia ed irritabilità.
Altri sintomi riferiti dai pazienti con stipsi sono generalmente:
- ridotta frequenza di evacuazioni (meno di tre alla settimana);
- presenza di feci dure (“caprine”);
- sforzo eccessivo e prolungato durante la defecazione;
- senso di ostruzione o blocco anale;
- sensazione di evacuazione incompleta;
- ricorso a manovre manuali o ausili tipo clisteri e supposte.
La stipsi può ridurre notevolmente la qualità di vita delle persone. Le feci dure ed i continui sforzi inoltre possono provocare, non solo un rialzo della pressione sanguigna (con possibili emorragie congiuntivali), ma anche irritazioni e prolasso delle emorroidi. Generalmente la stipsi è una condizione benigna, ma se compare improvvisamente in persone adulte con una familiarità di tumori intestinali, se c’è sangue nelle feci, se si dimagrisce, se si diventa anemici, bisogna rivolgersi al medico curante per eseguire gli esami del sangue e strumentali. La complicanza più temibile della stipsi è l’occlusione intestinale dovuta alla presenza del cosiddetto “fecaloma” che è un accumulo di feci che si può fermare in qualsiasi tratto del colon che, se non adeguatamente trattato, può portare (in rari casi) ad ischemia rettale (ovvero mancanza di apporto sanguigno).
L’uso indiscriminato di lassativi, talora sotto una spinta pubblicitaria che identifica uno stato ottimale di salute con la quotidianità delle evacuazioni, è estremamente pericoloso.
La principale conseguenza all’uso abituale di lassativi, in particolare di quelli di contatto, è il colon da catartici, cioè la defunzionalizzazione del colon, conseguente all’ipotonia della muscolatura dell’intestino e la progressiva diminuzione di sensibilità da parte del colon allo stimolo esercitato dalla massa fecale.
La definizione di ostruita defecazione è stata data come una forma di stipsi che interessa la funzionalità dinamica del pavimento pelvico.
Nei pazienti stitici le feci transitano fino al retto in tempi normali, ma qui stazionano per un tempo maggiore permettendo al viscere di riassorbire una maggiore quantità di acqua, pertanto le feci diminuiscono di volume, diventando più dure e secche e più difficili da eliminare.
Nello sforzo i pazienti tendono ad indebolire il perineo per sfiancamento, provocano lo stiramento dei nervi pudendi, il prolasso della mucosa del retto ed un sovraccarico dei plessi emorroidali, che può conseguentemente portare allo sviluppo della patologia emorroidale.
Pertanto le cause e gli effetti della defecazione ostruita sono molteplici e la sua risoluzione è in un approccio globale del problema.
Diagnostica
L’approccio con il paziente con stipsi si basa inizialmente su un’anamnesi accurata e l’esame clinico. Le procedure diagnostiche utilizzate sono volte ad identificare la causa organica o funzionale della stipsi e saranno scelte dal medico sulla base dei sintomi del paziente e sui dati rilevati clinicamente.
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Colonscopia:
consente di esaminare l’intero colon attraverso l’introduzione di uno strumento flessibile con incorporata una telecamera e con un sottile canale attraverso il quale passare la pinza bioptica per eseguire piccoli prelievi di mucosa (biopsie) o per asportare polipi.
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Colonscopia virtuale:
quando il paziente non tollera colonscopia, ha avuto diverticoliti, ha restringimenti o colon troppo difficili e lunghi da esplorare con l’endoscopia.
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Lo studio del tempo di transito intestinale:
la stitichezza da rallentato transito si manifesta in genere con una ridotta frequenza nell’andare di corpo e un indebolimento o un’assenza dello stimolo a evacuare. Si diagnostica mediante lo studio del tempo di transito intestinale: il paziente ingerisce 20-40 piccoli grani di materiale inerte visibili ai raggi X. Trascorsi 4 giorni dall’ingestione si esegue una radiografia dell’addome al fine di calcolare il tempo di passaggio del contenuto fecale attraverso l’intestino e individuare in quale punto avviene il rallentamento.
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La valutazione funzionale del pavimento pelvico:
in condizioni normali, l’ultima parte dell’intestino (l’ano) non permette la fuoriuscita involontaria di feci perché dotato di due anelli muscolari (sfinteri) normalmente chiusi. Quando avvertiamo lo stimolo ad andare di corpo, l’espulsione delle feci avviene coordinando la contrazione dei muscoli addominali, che determinano un aumento della pressione che con forza spinge il contenuto dell’intestino verso l’uscita, con il rilasciamento degli sfinteri dell’ano che non oppongono più resistenza al transito delle feci. Molte persone perdono la capacità di coordinare la contrazione dei muscoli addominali con il rilasciamento degli sfinteri anali e pertanto soffrono di una forma di stitichezza che si distingue per la difficoltà di espulsione delle feci. I sintomi caratteristici si manifestano durante l’atto della defecazione e ne sono un esempio: uno sforzo a cui segue scarsa o nulla emissione di feci, un senso di blocco anale e il ricorso alle dita per facilitare il passaggio delle feci.
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Defecografia:
esame radiologico che prevede l’opacizzazione delle ultime porzioni del colon (canale anale-retto e sigma) con il bario introdotto per via anale. In alcuni centri il mezzo di contrasto viene assunto anche per via orale qualche ora prima in modo tale da visualizzare le ultime anse dell’intestino tenue (piccolo intestino). L’esame permette di valutare la funzionalità dell’apparato anorettale in posizione fisiologica (su una comoda), in termini di capacità di tenuta a riposo e durante la contrazione volontaria (contrazione dei muscoli sfinteriali e degli elevatori dell’ano), l’efficacia della spinta, la presenza o meno di prolassi, e se vie è un abbassamento del piano perineale.
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Manometria anorettale:
valuta le pressioni del canale anale a riposo, durante la contrazione volontaria e durante la spinta. L’insufflazione di un palloncino all’interno del retto permette inoltre di verificare l’integrità del plesso nervoso nella parete del retto (attraverso il riflesso inibitorio rettoanale) e le soglie di percezione di evacuazione e di urgenza.
Terapia medico-dietetica
La terapia non può prescindere da una esatta diagnosi nosologica.
Molti autori ritengono che il modificare la dieta possa migliorare notevolmente i casi di stipsi funzionale lieve, poiché si ritiene che una dieta adeguata debba favorire il consumo quotidiano di cereali integrali e legumi.
In molti casi sono sufficienti cambiamenti nell’alimentazione, idratazione e nello stile di vita per alleviare i sintomi e gestire la stipsi.
- Regolarità negli orari dei pasti: la regolarità nell’alimentazione aiuta il benessere intestinale.
- Esercizio regolare: l’attività fisica facilita l’attività intestinale.
- Adeguato apporto di liquidi: bere acqua aiuta a mantenere un buon transito delle feci che sono più morbide.
Controverso è l’impiego di crusca che secondo alcuni ha una azione irritante sulla mucosa e riduce l’assorbimento di sali minerali e vitamine.
La somministrazione di fibre indigeribili determina una riduzione della pressione intraluminale del colon con una diminuzione del dolore associato, un’accelerazione del transito gastrointestinale ed un aumento della massa fecale.
Gli effetti sono dose dipendente, e l’assunzione di fibre va associata ad un consumo di acqua di almeno 1,5-2 litri al giorno, per rendere più morbide e voluminose le feci.
Nella dieta andrebbe incentivato anche il consumo di frutta e verdura ad ogni pasto, inoltre andrebbe ridotto il consumo di proteine, in particolare di quelle animali.
Nei casi di stipsi funzionale particolarmente ostinata, la dieta può essere integrata con presidi medici.
Utili sono i lassativi solubili di massa, ma il loro impiego andrebbe però limitato nel tempo in quanto potrebbero presentare effetti collaterali come: borborigmi, flatulenza, nausea, vomito, diarrea ed interferenza nell’assorbimento di zuccheri ed elettroliti.
- Osmotici: agiscono trattenendo e richiamando liquidi nell’intestino con un meccanismo osmotico o modificando la distribuzione dell’acqua nel materiale fecale.
- Lassativi salini: richiamano acqua nel colon. Vengono speso utilizzati nella preparazione per le procedure endoscopiche.
- Procinetici.
- Agonisti serotoninergici (Prucalopride): questi agenti stimolano il rilascio di aceticolina che è un neurotrasmettitore che aumenta le contrazioni peristaltiche del colon.
Prevenzione
- Dieta con adeguato apporto di fibre (frutta, verdure, cereali integrali) e povera di grassi e di zuccheri.
- Adeguata idratazione.
- Esercizio fisico (come camminare, andare in bicicletta o nuotare).
- Dedicare il giusto tempo per le proprie funzioni fisiologiche.
Riabilitazione del pavimento pelvico (fisiokinesiterapia, biofeedback, elettrostimolazione)
Nella stipsi espulsiva è possibile attuare diverse terapie tra cui la riabilitazione funzionale nel caso di alterato rilasciamento muscolare, nella sindrome del perineo discendente.
I pazienti con stipsi espulsiva possono beneficiare di un trattamento riabilitativo diversificato a seconda se si è affetti dalla forma spastica o dalla forma flaccida (più frequente) poiché gli obiettivi da ottenere sono diversi:
- Un incremento della forza muscolare di contrazione e rilasciamento;
- L’aumento della resistenza muscolare;
- Insegnare al paziente a rilasciare il suo pavimento pelvico;
- Conservare l’elasticità, la viscosità, l’estensione del muscolo denervato.
Questi obiettivi sono raggiungibili attraverso momenti riabilitativi fondamentali:
- La fisiokinesiterapia;
- L’elettrostimolazione;
- Il biofeedback.
Fisiokinesiterapia
La fisiokinesiterapia consiste nell’esecuzione di ginnastica del pavimento pelvico mediante esercizi di contrazione e rilasciamento, sincronizzati con gli atti del respiro; questi esercizi sono assistiti (quando vi è un importante deficit muscolare), facilitati (quando si associa una cattiva presa di coscienza), liberi (nella fase domiciliare) e controresistenza (per potenziare la forza muscolare).
Elettrostimolazione
L’elettrostimolazione del pavimento pelvico è mirata ad aumentare la forza e la durata della contrazione muscolare.
La stimolazione elettrica di un muscolo normalmente innervato rappresenta un feedback positivo per l’apprendimento di uno schema motorio, nel caso specifico la contrazione del muscolo elevatore dell’ano.
L’elettrostimolazione è effettuata tramite una sonda anale circolare o, nella donna, vaginale, sulla quale sono posizionati due elettrodi bipolari.
La sonda è posizionata nel canale anale od in vagina in modo tale che gli elettrodi prendano contatto con i fasci del muscolo elevatore dell’ano ed è collegata ad un apparecchio computerizzato.
I pazienti sono sottoposti ad elettrostimolazione per un periodo variabile dai 15 ai 30 minuti: i tempi di stimolo inizialmente sono di 5 secondi, che vanno aumentati, gradualmente, nelle sedute successive a 10 secondi, intervallati a periodi di riposo della durata doppia (10 – 20 secondi, rispettivamente) al fine di evitare l’affaticamento muscolare.
Dato lo spessore muscolare da stimolare sono utilizzate frequenze d’onda variabili di 50-100 Hertz, con una velocità di stimolo di 1-2 sec.
Tale metodica è applicata solo nei pazienti con stipsi flaccida, i quali devono migliorare la resistenza muscolare.
Biofeedback
Il biofeedback è eseguito per un tempo variabile dai 10 ai 20 minuti e la durata della contrazione è gradualmente aumentata dai 5 secondi iniziali ai 10, con periodi di riposo di valore doppio.
Con questa tecnica si tende ad ottenere una risposta adeguata ad uno stimolo esterno, visivo, sonoro o sensitivo, sviluppato con l’impiego di una apparecchiatura computerizzata.
Il software permette una perfetta elaborazione grafica della contrazione e quindi un adeguato apprendimento dei movimenti.
Inoltre è possibile la memorizzazione e l’elaborazione dei risultati ottenuti per ogni singolo paziente in tutte le sedute, consentendo allo specialista di variare la terapia in base al miglioramento ottenuto.
Le metodiche sono eseguite contemporaneamente, con sedute settimanali (una/due volte) della durata ognuna di 30 minuti fino ad un totale di 12-15 sedute.
Successivamente i pazienti eseguono dei brevi cicli di richiamo di 4 sedute, dopo 3, 6 e 9 mesi dall’inizio della terapia.
Con la riabilitazione il 66% dei pazienti riferisce dopo 12-15 sedute una regolarizzazione dell’attività intestinale, con evacuazioni di almeno una volta al dì e con intervalli non superiori a tre giorni, la modificazione della consistenza delle feci e l’abbandono dell’uso dei lassativi e/o catartici.
Alla fine della terapia riabilitativa il 92% dei pazienti ottengono una regolarizzazione delle funzioni intestinali con evacuazioni con frequenza giornaliera, senza uso di lassativi o catartici.
Terapia chirurgica
Stipsi cronica da inerzia colica
L’indicazione chirurgica deve essere posta con estrema cautela in casi selezionati, sempre dopo avere accertato la gravità della stipsi ed il fallimento di ogni altra terapia.
Il trattamento prevede l’esecuzione di un intervento radicale ed irreversibile con un tasso elevato di complicanze ed una reale efficacia solo nel 50% circa dei soggetti.
L’intervento chirurgico indicato è la colectomia totale con ileo-retto anastomosi. La qualità di vita dei pazienti dopo l’intervento rimane comunque condizionata sia nel tipo di alimentazione sia per la possibilità di comparsa di alvo diarroico più volte al giorno.
Stipsi da defecazione ostruita
Se il disturbo risulta sostenuto da cause di tipo organico (rettocele, prolasso muco-emorroidario, intussuscezione retto-anale) la soluzione può essere ottenuta con trattamenti chirurgici mirati.
Conclusione
La stipsi, condizione sindromica che non minaccia la vita del paziente, come altre patologie dell’apparato digerente, ma causa una sofferenza ed una riduzione della Qualità di Vita a volte superiore a queste. E’ molto frequente e ha un costo sociale enorme per cure, esami, ricoveri e compromissione della capacità lavorativa in tutto il mondo ad alto tenore di vita.
L’eziopatogenesi è molto complessa è concorrono in modo ugualmente rilevante sia i meccanismi fisiopatologici che ne sono alla base, sia gli approcci terapeutici che vengono “tentati”, assunti e poi abbandonati, in un vortice spesso inestricabile di circoli viziosi di causa effetto.
Il paziente potrà trovare una soluzione rivolgendosi allo specialista che si occupa di questi disturbi che si potrà avvalere di un team integrato di professioniste con competente diverse che abbiamo visto hanno un ruolo nella diagnostica e nell’approccio globale al paziente con stipsi.